Nell’intervista rilasciata a Stefano Ciervo e pubblicata da La Nuova Ferrara ieri, domenica 10/01/2016, cito il mio intervento pubblico all’Assemblea generale di Unindustria Ferrara del 24 giugno 2013. In quell’occasione, poche settimane dopo il commissariamento di Carife, intervenni ovviamente in qualità di Presidente della Provincia di Ferrara.
Per completezza di informazioni e per correttezza verso chi segue il mio lavoro, pubblico qui il testo integrale di quell’intervento.
Il momento che sta attraversando Ferrara è molto delicato, oltre alle devastazioni del terremoto, si sono aperte una serie di crisi che rischiano di produrre un effetto valanga che metterebbe in ginocchio la nostra provincia e la nostra economia.
I segnali che ci arrivano sono a dir poco preoccupanti, la Berco ne è l’emblema, ma a soffrire profondamente sono ormai tutti i settori , compreso quello creditizio coinvolto dalla crisi di Carife, la banca del territorio, quella che avrebbe dovuto sostenere l’imprenditoria locale.
Non è il caso di portare dei dati a conforto di questa analisi preoccupata della situazione, la relazione mi pare sia stata chiara in proposito e quello che è stato detto non si discosta molto da quanto detto anche da altre organizzazioni d’impresa e dei lavoratori in queste settimane.
C’è da sperare che le misure del governo, posto che vengano attuate – cosa non scontata vista la precarietà politica nella quale navighiamo – possano produrre qualche effetto positivo, ma l’impressione è che comunque si stia dando un’aspirina ad un malato che ha la polmonite. Ci sono certamente proposte utili e necessarie, ma servirebbe molto di più. Certamente servirebbe un’Europa che fa la sua parte, che funga da traino e non da freno, ma non possiamo certamente dare la colpa alla Merkel se non riusciamo a fare le due cose che sono indispensabili per rimettere in circolo le risorse necessarie per sostenere la crescita in Italia: ridurre la spesa pubblica e contrastare in modo molto più efficace l’evasione.
Queste dipendono da noi!!
L’alternativa, sono le tasse… e di tasse ne abbiamo abbastanza. Quindi è su queste due questioni che un governo di coalizione, straordinario com’è il governo attuale, deve avere la capacità di fare quello che le singole componenti non sono riuscite a fare quando è toccato loro. Ma mi pare, e spero di sbagliarmi, ci sia ancora troppa timidezza…
E se scendiamo di scala, la stessa cosa si potrebbe dire di Ferrara rispetto all’Italia.
Sinceramente sono preoccupata per l’aggravarsi dei problemi della nostra realtà provinciale.
So bene che la situazione che stiamo attraversando è strettamente legata alla crisi profonda che attraversa il Paese e il mondo intero, come so che in questi momenti chi è più debole e meno strutturato – come Ferrara – la sente di più.
Ma non credo che ci siano solo fattori esogeni da considerare nella nostra situazione.
Credo sia giunto il momento, per tutti, di fare un’analisi senza alibi e senza intenti assolutori (come invece qualcuno continua a fare), che ci aiuti a capire quali sono i problemi che dipendono da noi e quali sono le risposte che possiamo dare.
In tutta sincerità io un problema che ci riguarda, lo vedo.
In questa provincia, tranne qualche eccezione, si respira una sorta di immobilità preoccupante.
E questo, purtroppo, riguarda un po’ tutti. Vedete, potrei anche dire che la Politica un certo rinnovamento lo ha fatto, le Istituzioni un po’ di risorse le hanno portate sul territorio (se consideriamo l’idrovia… parliamo di quasi 100 mln€), ma ho detto che non servono analisi assolutorie e quindi segnalo che anche la politica e le istituzioni non hanno fatto abbastanza per far si che questo territorio imparasse a fare sistema, a fare squadra, a costruire coesione e condivisione sulle cose da fare.
Ma questo problema non riguarda solo la politica, riguarda anche gli altri luoghi dove si concentrano poteri e responsabilità e che rappresentano un pezzo di governance importante di questa provincia.
Parlo di Enti, associazioni, banche, mondo della formazione… cioè la spina dorsale, insieme alle istituzioni, di ogni territorio.
Lo so che quando si tratta di criticare la politica, tutti si sentono in diritto a farlo senza alcun problema, mentre quando si accenna una piccola critica ad una associazione o ad un Ente, c’è la rivolta, si parla di ingerenza, lesione dell’autonomia eccetera, ma dobbiamo uscire da ogni forma di arroccamento e partecipare con umiltà alla ricerca dei problemi che dipendono da noi.
Dicevo che a Ferrara si respira una sorta di immobilità e non possiamo permetterci che questa si trasformi in chiusura… come fa chi si chiude in casa quando fuori piove. Non vorrei, per esempio, che le discussioni in atto su Carife e la ferraresità, sulla CCIA e altro, portasse proprio a questo approdo, all’arroccamento.
Dobbiamo avere l’umiltà di capire quali sono i problemi, cosa non ha funzionato, e questo ognuno di noi lo dovrebbe fare anche in casa propria, per poi condividere queste riflessioni e soprattutto la volontà di fare fronte comune per reagire.
Allora io avanzo una prima riflessione che riguarda Ferrara, partendo proprio dalla Carife.
Di fronte ad una crisi, che sia di una Cooperativa o di una Banca, di solito si cerca di capirne le ragioni e individuarne le responsabilità.
Nel caso di Carife, si è parlato molto di “ferraresità”, ci si è chiesti se la Banca d’Italia abbia fatto bene a procedere al commissariamento, si sono sollevate giuste preoccupazioni per i risparmiatori e per i dipendenti, ma la discussione su cosa sia successo e perché, è rimasta sostanzialmente sottotraccia.
Si trova qualche abbozzo d’analisi in questo o in quell’intervento, ma è sempre molto parziale e spesso dettato dall’intento di scaricare responsabilità su qualcun’altro.
Affermazioni del genere “la banca non ce l’ha fatta per colpa della politica che non ha saputo governare questo territorio”, oppure “è stata la crisi della Costruttori a trascinare con se tutto il resto compreso la Carife”, un fondo di verità possono anche averla, ma siamo ben lontani da un’analisi vera e senza alibi su ciò che è accaduto e sta accadendo a Ferrara.
Io credo che bene o male tutti sappiano, almeno tra i presenti:
che Carife è stata Commissariata perché da un po’ di anni sta attraversando una crisi profonda, una crisi che evidentemente non era in via di superamento, ma, anzi, rischiava di aggravarsi;
che questa crisi certamente è stata aggravata da elementi esogeni (la crisi complessiva che ha investito la finanza mondiale), ma nasce all’interno della banca, è figlia di scelte compiute dal management e dalla governance nel suo insieme.
Certe avventure imprenditoriali, il sostegno incomprensibile a certe imprese e imprenditori ferraresi, una gestione che ha garantito troppe sacche di privilegio, sono stati decisi a Ferrara e non altrove.
Si attribuisce una parte di responsabilità alla crisi della Costruttori, ma chi ha deciso di finanziarla anche quando questo appariva irragionevole, insostenibile, fuori da ogni logica di buona gestione del risparmio dei cittadini? E poi perché parlare solamente della Costruttori, mi pare ci siano altri imprenditori importanti, almeno fino ad un certo momento, che sono stati sostenuti dalla banca in modo irragionevole e che hanno contribuito a creare il buco che poi è venuto alla luce.
Queste scelte sono state fatte a Ferrara e, aggiungo, non sono state subite dalla banca.
Credo si debba avere il coraggio di riconoscere che Carife non era solamente una banca del territorio che si limitava a svolgere le funzioni tipiche di chi amministra il denaro dei risparmiatori, era un vero e proprio centro di potere che concorreva da protagonista al governo di questa provincia. Altro che vittima delle debolezze del sistema economico locale o delle pressioni della politica. Carife, per anni, è stata nella stanza dei bottoni con chi decideva le sorti di Ferrara. Carife è stata protagonista della fase nella quale a Ferrara si scelse la strada della chiusura, del protezionismo, dell’individuazione delle imprese di riferimento (come la Costruttori) che mediavano il rapporto col sistema imprenditoriale locale. Una fase che ha anche portato risorse sul territorio e periodi di sviluppo, ma che ha drogato il sistema locale e frenato il necessario processo di riorganizzazione delle imprese che sarebbe stato indispensabile per renderle competitive sul mercato globale. E quando le cose sono necessariamente cambiate, le risorse si sono ridotte e le imprese hanno dovuto navigare in mare aperto, sono esplosi i problemi che sappiamo e la banca ne ha pagato le conseguenze.
Se Carife avesse fatto la banca e basta, probabilmente oggi avrebbe/avremmo molti meno problemi.
E questa vicenda ferrarese pone un ulteriore interrogativo:
Mentre il mondo cambiava, la politica ferrarese si interrogava sulla necessità di correggere la rotta seguita negli anni 80/90, arrivando a decidere anche un certo ricambio, non indolore, delle sue classi dirigenti, perché tutto il resto è rimasto sostanzialmente immobile.
Anche dopo la crisi del 2009, Carife ha cambiato 3 componenti del CDA su 11, cioè ha riconfermato di fatto la governance precedente.
E quello che è avvenuto in Carife, bene o male è avvenuto anche negli altri centri di potere di questo territorio. Più o meno ovunque si è innescato il meccanismo della rotazione, mai quello del ricambio.
E’ doloroso doverlo ammettere, ma in questo caso la politica ha marciato più rapidamente del resto.
E questo è un problema. Anzi, è uno dei problemi da risolvere.
Siamo in una situazione estremamente delicata, chiudono imprese, aumenta la disoccupazione, le debolezze che abbiamo sempre avuto stanno esplodendo in modo eclatante e non può essere che la risposta sia che ognuno si chiude a protezione del proprio feudo, dei privilegi acquisiti, delle poltrone su cui è seduto da un tempo infinito.
Per fare un altro esempio, prendiamo la discussione che si è aperta sul rinnovo degli organi della CCIA.
Anche in questo caso, l’impressione è quella di un arroccamento. Da un lato assistiamo a critiche generiche all’operato della CCIA, dall’altro alla difesa tout court di quello che si è fatto e alla segnalazione di un certo fastidio per il sol fatto che qualcuno ne voglia parlare.
Ma come si fa a non parlare di un ENTE come la CCIA che può e deve avere un ruolo importante nella definizione di politiche e progetti per rilanciare Ferrara?
Io credo che chi ha il potere di nominare gli organi, potere che non deve essere in alcun modo messo in discussione (non vorrei che a qualcuno passasse per la testa che serve più politica nella CCIA), abbia interesse ad un confronto che deve riguardare le politiche da fare per affrontare questa fase straordinaria.
Io non ho nessuna intenzione di ragionare sui nomi che si stanno facendo e neppure su altri che non si fanno. Il punto è che serve una CCIA certamente intraprendente e dinamica, ma che sa costruire relazioni con tutto il sistema locale e sa dimostrarsi aperta nella ricerca di quelle competenze e professionalità, ovunque si trovino, che possono aiutarla ad affrontare questo momento.
Ferrara fu capitale del Rinascimento perché si aprì all’esterno, perché volle ospitare grandi personalità come l’Ariosto, il Tasso, Copernico, Tiziano, Mantegna… artisti, scienziati, letterati, che contribuirono ad affermare il ruolo centrale di questa Città.
Un po’ di quello spirito, servirebbe ancora.
Quindi, per concludere, il problema di una classe dirigente rinnovata, non riguarda solo la politica.
E non si tratta di una questione generazionale, ma di visione: oggi serve saper ragionare in termini di sistema, di rete; serve definire alcuni obiettivi strategici ed essere capaci di condividerli con gli altri; serve concentrare tutte le nostre forze e le nostre energia e non disperderle.
Questo è il momento nel quale si può mettere in conto di rinunciare anche ad un po’ di sovranità a fronte di un progetto condiviso, di azioni condivise, che ci consentano di utilizzare al meglio tutte le risorse in campo… e quando dico tutte, non dico solamente le poche delle istituzioni, ma anche quelle che vengono gestite e movimentate in altre sedi.
Questa è la sfida che abbiamo e dipende da noi decidere se affrontarla condividendone obiettivi o strategie o se, invece, scegliamo l’ordine sparso per garanzia della salvaguardia delle prerogative di ciascuno.
(Ferrara 24/06/2013)