Dal Recovery Plan risorse per la ripresa e la crescita

Il 2020 è stato un anno che ha mandato in frantumi le certezze che avevamo. Ma appena si è iniziato a capire quale era davvero – almeno parzialmente – la portata della pandemia, le conseguenze che avrebbe avuto e che continuerà ancora ad avere sull’economia globale, europea e locale, sulla gestione della sanità e sugli stili di vita a cui eravamo abituati, i governi Europei si sono dati daffare per definire risorse e strumenti per la ripartenza.

A luglio 2020 è stato approvato, dopo una lunga e difficile trattativa, il Next generation Eu. In Italia lo conosciamo prevalentemente con il nome di Recovery fund o “Fondo per la ripresa”.

Si tratta di un fondo speciale per la ripresa economica, da finanziare nel triennio 2021-2023 con titoli di Stato europei (i Recovery bond). La destinazione di queste risorse, davvero ingenti, deve essere chiara: progetti di riforma strutturale capaci di favorire la digitalizzazione e la transizione verde.

L’Italia quindi ha iniziato ad abbozzare il documento che porta il nome di “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)”.

La bozza PNRR individua sei missioni che riguardano determinate aree tematiche strutturali di intervento. A loro volta le missioni sono suddivise in cluster (insiemi) di progetti omogenei e funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo.

Le sei missioni sono:

  • 1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo;
  • 2. Rivoluzione verde e transizione ecologica;
  • 3. Infrastrutture per la mobilità;
  • 4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura;
  • 5. Equità sociale, di genere e territoriale;
  • 6. Salute.

La Regione Emilia-Romagna, che ha appena promosso la sigla del Nuovo Patto per il Lavoro e per il Clima, sta già individuando le priorità che intervengono in questi campi. Ma oltre a ciò, una menzione specifica per un intervento strategico per il nostro territorio, è quella relativa al finanziamento con 50 milioni di euro per il progetto del Delta del Po, attualmente gestito da due parchi regionali, quello emiliano-romagnolo e quello veneto.

L’obiettivo è quello di potenziare l’attrattività di questa zona particolarissima – che ricordo essere Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1999 e riserva della Biosfera MaB UNESCO dal 2015 – dal punto di vista turistico e ricettivo. Un obiettivo che rientra in quello più generale promosso dal MIBACT di riorientare il turismo nazionale verso forme di turismo sostenibile e responsabile. Questo significa valorizzare quelle mete, come il nostro Delta, che sono ancora appannaggio di pochi, di un turismo di nicchia in chiave slow che ha grandissime potenzialità.