L’incremento del cormorano ha determinato la riduzione di una quota sempre più significativa negli stock ittici, con effetti dannosi sulle produzioni e sulle attività di pesca professionale e sportiva, senza contare gli effetti su tutto il patrimonio ittico locale, anche quello protetto. Nella risoluzione che ho sottoscritto viene chiesta una verifica sulla fattibilità della realizzazione di piani di abbattimento dei cormorani, attraverso un confronto e un’analisi accurata della situazione.
È necessaria una soluzione per aiutare i pescatori ed evitare di mettere ulteriormente in pericolo l’equilibrio ambientale
Fino a qualche decennio fa questi uccelli selvatici erano avvistabili occasionalmente mentre oggi sono una presenza costante e numerosa in tutti i bacini interni e anche gli allevamenti ittici hanno dovuto predisporre alcune misure per limitarne i danni, dal momento che le acque ferme interne vengono sistematicamente svuotate di ogni forma ittica, specialmente nei periodi invernali. Ad aggravare la situazione è stato l’ampliamento dell’area di diffusione con uno spostamento dalle zone costiere e di pianura a quelle collinari e, più recentemente, montane.
Secondo i risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Emilia-Romagna condotti periodicamente da Asoer (l’associazione ornitologi dell’Emilia-Romagna), nel 2010 i cormorani risultavano 9.886 mentre nel 2016 si è arrivati a 11.275 unità con picchi a Ravenna e a Ferrara dove si arriva a quota 3000 esemplari.
In considerazione del notevole successo delle iniziative di protezione del cormorano (specie protetta ai sensi della Legge nazionale 157/1992 e della Direttiva 2009/147/ CE del Parlamento europeo) la Commissione pesca del Parlamento europeo sta lavorando da alcuni anni alla redazione di un Piano europeo di gestione della popolazione di questa specie per limitarne l’impatto sulle risorse ittiche e sulle attività concernenti l’acquacoltura.
Alcune Regioni italiane si sono già attivate per avviare piani di prelievo in deroga soprattutto nelle aree e nelle realtà produttive in cui si pratica l’attività di vallicoltura, nel rispetto della normativa vigente che prevede la preventiva approvazione di ISPRA – Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale.